Esattamente lo scorso anno, il 22 ottobre 2022, veniva rinnovato l'Accordo Provvisorio sulla nomina dei vescovi tra la Cina e la Santa Sede. Tale Accordo, come i più informati sapranno, era stato stipulato una prima volta il 22 settembre 2018, dopo trattative coperte da gran riserbo com'è solito in questi casi; e, ad accoglierlo, aveva subito incontrato da una parte l'entusiasmo e lo stupore di molti e dall'altra invece lo scetticismo e l'ostilità di pochi, interni ed esterni al vasto mondo cattolico. Quest'ultimi, pochi ma comunque non pochissimi e soprattutto molto agguerriti e spesso influenti, s'erano subito adoperati per boicottarlo e metterlo in cattiva luce, se necessario dando anche colpi bassi. Forse anche per questo tanto il 22 ottobre 2020, al suo primo rinnovo dopo la sua scadenza biennale, quanto il 22 ottobre 2022, la loro delusione e i loro allarmismi si fecero ancor più sentire: i loro sforzi erano risultati vani. Per giunta, e questa era la loro paura più grande, quell'Accordo funzionava davvero ed aveva nel tempo consentito uno stabile dialogo tra le due importanti diplomazie e i loro governi, con molti e positivi frutti.
E' passato ormai un anno da quel primo rinnovo dell'ottobre 2022 e tra un altro anno l'Accordo scadrà nuovamente: i tempi e i fatti ci diranno se verrà nuovamente rinnovato, cosa a questo punto più che probabile, o se addirittura s'evolverà in un Accordo stabile e a pieno titolo. Quel che è certo, è che ben difficilmente il 2024 si concluderà con un suo mancato rinnovo, che riporterebbe lo stato dei rapporti tra Pechino e la Santa Sede ai livelli antecedenti al 2018, poco soddisfacenti per entrambe le parti. Sarebbe il sogno di quanti quell'Accordi non l'hanno mai potuto vedere, ma l'indirizzo che sempre più sembra assumere la Chiesa Cattolica e soprattutto il Collegio Cardinalizio, su cui è in atto una continua “ristrutturazione” che ne va rapidamente cambiando equilibri e fisionomie, li va riducendo ad uno stuolo di sognatori sempre più marginali ed ininfluenti. In ciò non vi è ovviamente una “mano cinese” tesa ad impadronirsi della Chiesa, cosa che del resto nemmeno costoro vagheggiano tolti pochi in pochi ad un'aperta pazzia o ad una spudorata malafede; ma semmai vi è l'evoluzione del mondo e della Cristianità, dato che da secoli la Chiesa Cattolica è presente in ogni lembo del pianeta con proprie comunità, a tutte le quali è sempre più basilare ed irrinunciabile dar voce.
Già nell'agosto 2022, parlando alla Reuters, Papa Francesco aveva auspicato quel secondo rinnovo poi vistosi ad ottobre ed espresso la propria soddisfazione dei risultati sino a quel momento ottenuti, fornendo vari dettagli insoliti al consueto parlare di un alto prelato, ed ancor più di un Pontefice, soprattutto in simili occasioni o su simili temi, tanto delicati: “L’accordo va bene”, aveva infatti detto allora, riferendosi alle nomine dei vescovi, anche se “si va lentamente, alla cinese (…) perché i cinesi hanno quel senso del tempo che nessuno li affretta”, e poi "anche loro hanno dei problemi", poiché le autorità locali agiscono con la Chiesa Cattolica con differenti modalità e pertanto “non è la stessa situazione in ogni regione del Paese”. Per un Accordo che era pur sempre provvisorio e su cui si trattava passo dopo passo, dunque, la sua non era affatto una dichiarazione di poca importanza: lungi dall'alimentare dissapori diplomatici, rappresentava al contrario una forte presa di posizione in sua difesa e per il suo mantenimento nel futuro. Tanto, poi, da ricordare a quanti ben sapeva che osteggiassero l'Accordo che “la diplomazia è così. Davanti ad una situazione chiusa bisogna cercare la strada possibile, non ideale, la diplomazia è l’arte del possibile e fare che il possibile divenga reale”.
Non solo diplomazia, tuttavia, dato che il tema ha pure del dottrinario: ognuna delle tante “voci” del Cattolicesimo diffuse nel mondo e presenti nella Chiesa Cattolica, porta con sé un proprio vissuto e dei propri punti di vista, a determinarne il modo di vivere la fede e il rapporto con la Chiesa stessa. Non è un fatto di poco conto: significa, ben più che implicitamente, che la Chiesa di Roma dovrà continuare, pur mantenendo salde e ben identificate le proprie radici, a svilupparsi andando incontro al mondo anziché fuggendone o chiudendosi al suo contatto come spesso è capitato. Si può comprendere, alla luce di questi fattori, come i cattolici tradizionalisti più reazionari o addirittura i protestanti dei rami più estremi, finanche evangelici, si trovino improvvisamente a concordare nelle loro paure, dinanzi ad una Chiesa che per i primi sfugge dalle loro mani e per i secondi rischia di schiacciarli sempre più all'angolo con un'inaspettata controffensiva. Dopotutto, tanto i primi quanto i secondi rappresentano movimenti settari, se non proprio sette riconosciute come tali, ed entrambe hanno da temere da quello che improvvisamente diventa per loro un “nemico comune”.
Una simile alleanza, che a molti potrebbe apparire tanto insolita, s'era dopotutto già vista nell'America Latina degli Anni ‘70 ed ’80, allorché era iniziata la loro vera e propria “simbiosi” nell'operare congiuntamente contro la Teologia della Liberazione: d'altronde, quest'ultima andava in contrasto con gli interessi politici, economici e strategici nordamericani nella regione, ed il sostegno che la CIA diede loro per contrastarli nel quadro delle dittature militari latinoamericane del periodo non fu casuale. Molti movimenti estremisti, sia dell'ultratradizionalismo cattolico che del mosaico ultraevangelico, nacquero proprio là e proprio in quel periodo figliando dalle varie agenzie dell'intelligence americana; per poi conoscere un ulteriore sviluppo, per influenza politica, numero di fedeli e risorse economiche, a partire dagli Anni ‘90 fino ad oggi. Ma è anche vero che, sempre in quegli anni, fortissima era l’influenza statunitense nelle scelte e negli affari interni della stessa Chiesa Cattolica, a sigillarne oltretutto l'alleanza contro i governi del campo socialista dell'Europa Orientale e dell'URSS: rispetto ad oggi, insomma, vi era un sistema blindato, che appariva pressoché monolitico, mentre oggi ci troviamo ben lontani da una simile circostanza, benché i tentativi per riportare in auge i vecchi equilibri non siano mai cessati.
Anche in quel caso latinoamericano, che oggi ci sembra cronologicamente tanto lontano, vi erano dunque tanti elementi che ci riconducono alle dinamiche odierne: l'avversione comune di ultratradizionalisti ed ultraevangelici alle novità nella Chiesa, la loro alleanza sempre sotto le medesime regie e coi medesimi copioni, o ancora il più che marcato anticomunismo ed in generale antiprogressismo, la predilezione per modelli politici, sociali ed economici ultralibertari in grado d'assicurar loro massima libertà d'azione senza mai responsabilità o conseguenze d'alcun tipo. Nel caso dell'Accordo provvisorio tra Cina e Santa Sede, poi, oltre all'anticomunismo vi possiamo inserire anche una certa sinofobia, che indubbiamente ne connota i più. Sfogano dunque tutto il loro accanimento sempre contro quegli obiettivi che, guarda caso, sono stati di volta in volta identificati come nemici strategici o vitali di certi che per loro sono dei “principali”, ben più che dei potenti “alleati”.