
Qualche giorno fa, a proposito dei promotori della Chiesa di Dio Onnipotente (CDO), tema che vale anche per altre sette spalleggiate in Occidente per ovvie motivazioni di “ragion politica”, abbiamo delineato le probabili ragioni che porteranno ad un ritorno delle sue fortune. Ne abbiamo parlato tante volte e certamente ve ne ricorderete: politicamente parlando risulta assai opportuno, per molti ambienti politici e culturali occidentali, perorare cause impresentabili come quella della CDO o del Falun Gong o dei vari gruppi riuniti intorno al World Uyghur Forum, che peraltro lautamente sostengono e ai cui natali hanno fortemente contribuito, nella classica ottica per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”; da usarsi quindi strumentalmente contro quel preciso “nemico”, che potrebbe essere questo o quel paese da essi giudicato alla stregua di “Stato canaglia” o quasi.
L'articolo, pur trattando soprattutto il caso della CDO, implicava che la dinamica alla base del ritorno delle sue fortune non sarebbe stata comunque tanto dissimile da quelle che avrebbero condotto ad una forte ripresa anche di altri movimenti a carattere settario e sostenuti con la forza del denaro e della menzogna, come in primo luogo proprio quelli ruotanti intorno al World Uyghur Forum, allo Uyghur Tribunal e via dicendo. Pur essendo stati messi un po' in secondo piano in questi ultimi anni, dato che nella grande strategia americana di contenimento e contrasto della Cina (sempre più identificata come nuovo antagonista mondiale al pari dell'URSS durante la Guerra Fredda, se non peggio) intrapresa dai democratici dell'amministrazione Biden la priorità risiedeva soprattutto su Taiwan, il Mar Cinese Meridionale ed il Pacifico, il facilmente prevedibile ritorno dei repubblicani alla guida del paese e di Trump alla Casa Bianca potrebbe infatti riservar loro di nuovo più sostegni politici, economici e mediatici. Naturalmente nessuno, men che meno la stessa amministrazione Biden, li aveva mai dimenticati, tanto che avevano continuato infatti a condurre le loro campagne di pressione a suon di ben strutturata disinformazione, ma il sostegno che gli era stato riservato non appariva più altrettanto paragonabile a quello degli anni migliori. Ora però le cose cambieranno e, proprio come per la CDO, anche per loro finalmente torneranno i giorni felici.
Del resto quanti li sostengono a livello culturale e mediatico, accompagnandoli nelle loro campagne di pressione sugli ambienti istituzionali soprattutto europei ma non solo, sono i medesimi che sostengono anche tutti gli altri gruppi settari consimili, caratterizzati dalla stessa motivazione di esistere e sopravvivere solo per mera “ragion politica”. Sebbene vi siano poi gli specialisti nel farsi megafono soprattutto di un movimento in particolare, dai Free Tibet al Falun Gong, dalla CDO ai gruppi uiguri, a conti fatti tutti quanti poi si spalleggiano tra di loro uniti dal comune obiettivo di portare avanti quella precisa “ragion politica”. Si tratta di una vera e propria tifoseria, in cui indipendentemente dalla loro specializzazione con questo o con quel gruppo non disdegnano comunque di sostenere anche tutti gli altri, anche perché tutti comunque creature dei medesimi padroni e benefattori, che sono poi anche i loro. La solidarietà reciproca tra tutti costoro non viene quindi messa minimamente in discussione, tanto che il promotore di questa o quella causa al contempo sostiene comunque anche tutte le altre. E' proprio come il tifo calcistico, solo che in questo caso è ben retribuito ed apre numerose porte nel “bel mondo” delle élites: si tifa per una squadra, pur avendo maggiore predilezione per questo o quel suo calciatore.
Ed ecco che arriviamo a bomba proprio sul tema dei gruppi uiguri: notevole di menzione, tra i tanti, è questo pezzo a firma di uno dei più noti tra quanti portano avanti le varie mistificazioni su “genocidio uiguro” e "lavori forzati nello Xinjiang. Per chi segue il fruttifero mondo della disinformazione finora sparsa a piene mani su questo tema, saprà infatti come l'antropologo tedesco in questione sia da sempre uno dei più creativi in materia e che proprio da molti suoi studi ed analisi derivano le varie ed inquietanti narrazioni sull'operato cinese nello Xinjiang che in modo più o meno martellante sono state riversate anche sull'impreparata opinione pubblica occidentale, oltre che sul suo stesso mondo politico. La sua voce in proposito è sempre una delle più citate ed interpellate tra quanti nel mondo dell'informazione si ritrovino poi a dover fare un articolo sullo stato dei diritti umani nello Xinjiang perché così magari commissionatogli dal loro editore. Così nel corso degli anni abbiamo visto delle pur rispettabilissime testate giornalistiche o trasmissioni televisive, dedite all'approfondimento, prodursi in servizi non proprio dei più commendevoli proprio perché le loro redazioni prendevano per buone le analisi e le denunce dell'insigne studioso o di molti altri suoi pari.
L'articolo, che parla di “lavori forzati” e “trasferimenti lavorativi coatti”, per chiunque sia impreparato sull'argomento potrebbe risultare più che credibile, ma l'uso che fa delle fonti ne denuncia già la malafede: da una parte infatti si citano come inoppugnabili gli elaborati di ONG e fondazioni fin troppo “sgamate”, solite muoversi anch'esse sempre e puntualmente in termini d'interessata “ragion politica”; dall'altra invece si distorcono deliberatamente comunicati ufficiali, in primo luogo dei vari enti governativi cinesi. Così però a fare un articolo che nei fatti è pura fantasia son bravi tutti. Così i programmi di riabilitazione dei detenuti per terrorismo di matrice fondamentalista diventano prigionia forzata in veri e propri campi di concentramento anziché strutture carcerarie, tanto che anche quando in passato i vari gruppi in Occidente hanno tentato di dimostrarne l'esistenza con immagini satellitari si trattava invece di semplici edifici, fabbriche o fattorie spacciati per tutt'altro. Mentre la politica di lotta alla povertà diventa un altro crimine contro quello che improvvisamente scopriamo essere, secondo tali insigni studiosi, una violazione dei diritti umani: perché secondo costoro, improvvisamente, essere povero è un “diritto”, e magari quello di morire di fame o per mancanza di cure mediche pure; lo Stato sociale, da essi evidentemente considerato come il Leviatano, come il grande mostro da sconfiggere e prevenire a tutti i costi, è del resto una delle tipiche fobie dei “libertari” della destra neocon e teocon repubblicana USA così come dei loro sodali in Europa.
“Se sei povero meriti di morire perché altrimenti saresti nato ricco o saresti riuscito a diventarlo” e “per il criminale a casa mia vale il principio di law & order, quindi va in galera e si buttano le chiavi, anzi, meglio subito la pena di morte; invece in casa d'altri, se è casa del mio nemico, i criminali sono sicuramente dei poveri perseguitati e vanno difesi in nome dei diritti umani, a costo anche d'inventarseli se non ci sono", è il modo di fare di questi signorini e di portare avanti i loro insigni elaborati. E dovremmo pure considerarli del grandi studiosi?