In merito alla definitiva messa al bando della Chiesa Ortodossa russa in Ucraina, ovvero di quella parte che in condizioni sempre più difficili era rimasta fedele al Patriarca di Mosca dopo la complessiva nazionalizzazione del culto già a suo tempo sancita dal governo di Kiev, poco è stato riferito dai nostri vari media nazionali. Il tema, intuibilmente, può non trovare una piena comprensione del pubblico occidentale e nazionale, a cui negli oltre due anni di conflitto è stato davvero fatto credere che tra Russia ed Ucraina non vi sia quasi nulla in comune, men che meno dal punto di vista culturale e religioso. Conseguentemente non viene descritto, sia perché urterebbe quella vecchia narrazione indubbiamente funzionale a sostenere il conflitto da parte ucraina ed occidentale, ovvero il nazionalismo revisionista al potere a Kiev e che sempre per ragion politica si preferisce piuttosto definire come una democrazia che guarda all'Europa; sia perché introdurrebbe presso il pubblico occidentale il tema della libertà religiosa secondo una prospettiva ben diversa da quella solitamente raccontata, sminuendo tra le tante cose anche l'immagine laica e democratica che si vuol dare del governo di Kiev. Inoltre, a che pro caldeggiare la repressione di un culto in un paese considerato amico come l'Ucraina, e al contempo la difesa di un altro magari ben più discutibile in un paese dipinto come nemico come la Russia o tanti altri ancora? Sarebbe, tra le tante cose, un'ammissione che cadrebbe nelle mani anche di quei paesi dipinti come “nemici” o comunque “rivali”, dunque non solo la Russia ma anche la Cina, il Kazakistan, il Pakistan, l'Egitto, l'India o l'Iran, e così via con tanti altri paesi non allineati mediorientali, centroasiatici, arabi, latinoamericani, asiatici, africani e via dicendo. La lista è da sempre molto lunga e solo per farsene una qualche idea si potrebbero per esempio contare tutti i vari paesi elencati nei cospicui bollettini dell'USCIRF, la Commissione Internazionale USA per la Libertà Religiosa.
Tuttavia, nel caso ucraino, ciò a cui ci troviamo dinanzi solo parlando di culti cristiani è un grande mosaico molto più eterogeneo di quanto sia stato sinora descritto e fatto immaginare al pubblico di casa nostra. In base a dati prebellici (per giunta d'americana fattura, il che dovrebbe renderli inoppugnabili anche agli occhi dei più scettici che altrimenti insinuerebbero che siano di pretenziosa provenienza avversa) gli ortodossi nel paese sarebbero a quasi il 65% della popolazione totale, i cattolici poco più dell'11%, mentre i protestanti risulterebbero poco meno del 2%. Storicamente la Chiesa Ortodossa si divideva in due rami, uno legato al Patriarca ecumenico di Costantinopoli e una legata invece a quello di Mosca. Accanto a loro, con numeri ben minori, la Chiesa Ortodossa romena, la Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia sorta in epoca sovietica, la Chiesa Apostolica Armena ed infine un esiguo numero della Chiesa dei Vecchi Credenti, sorta nel XVII Secolo come scisma conservatore contro le riforme dell'allora Patriarca Nikon. La Chiesa Cattolica, invece, si divide in Chiesa Latina, di rito romano, con l'1,5%, la Chiesa Greco-Cattolica col 9,5%, la Chiesa Greco-Cattolica rutena, entrambe con rito bizantino, e la Chiesa Armeno-Cattolica sorta nel XVIII ed anch'essa come le altre direttamente dipendente dal Papa di Roma. In base agli statuti che le legano alla Chiesa di Roma, com'è proprio di tutte le varie Chiese d'Oriente, la loro comunione con la Chiesa Cattolica Romana e col Papa di Roma implica in alcuni casi il rito latino e la messa in lingua latina o nelle lingue nazionali, o il rito greco-bizantino e la messa in lingua greca o nazionale. Seguono poi, a titolo di menzione, anche delle Chiese Protestanti, sia pur con sparuti numeri, come l'Unione Evangelica Battista dell'Ucraina, la Chiesa Luterana Ucraina, la Chiesa Evangelica Presbiteriana Ucraina, nonché Pentecostali, Mennoniti, Anglicani, Metodisti, Avventisti del Settimo Giorno, e vari gruppi evangelici minori oltre a Testimoni di Geova e alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ovvero i Mormoni. In molti casi, più che di Chiese vere e proprie, parliamo di sette che derivano il loro culto da una rilettura del Cristianesimo, ma discuterne in questo momento esulerebbe dalla nostra odierna trattazione.
La nuova legge promulgata dalla Rada ucraina lo scorso 20 agosto pone dunque al bando la Chiesa Ortodossa russa legata al Patriarcato di Mosca, in un più ampio quadro che ha visto anche le altre Chiese Ortodosse fortemente condizionate in questi ultimi anni dal potere esecutivo. La stessa Chiesa Ortodossa dell'Ucraina afferente al Patriarcato di Costantinopoli aveva di conseguenza per proprio conto patito una forte campagna di “irregimentazione” nel nuovo dettato politico nazionale, fino alla sua nazionalizzazione col passaggio all'autocefalia sotto il Patriarcato di Kiev. Secondo il governo di Kiev, la Chiesa Ortodossa russa sarebbe un organismo dipendente dallo Stato aggressore, una sua “estensione ideologica” che ne sosterebbe “l'invasione”. Certamente la Chiesa Ortodossa russa, da ben prima del 2022, non s'è trovata in una situazione semplice nel proprio paese, anche perché sottoposta a quelle pressioni politiche e militari che riguardavano proprio l'area in cui è maggiormente presente, il Donbass, nel quale si combatte tra esercito ucraino e forze delle due Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk; mentre le sue presenze nella parte più occidentale del paese, pur più contenute, scontavano non di meno un clima di sospetti e denigrazioni crescenti. Con tale mossa, Kiev mira così a recidere più di quanto già non fatto sinora i legami storici e culturali col paese con cui oggi è in guerra, portando avanti una strategia che già aveva trovato una più che formale espressione lo scorso anno, allorché la Chiesa Ortodossa dell'Ucraina ormai autocefala aveva deciso d'adottare il Calendario Gregoriano in luogo del precedente Calendario Giuliano col conseguentemente spostamento anche delle varie festività. Laddove la Chiesa Ortodossa ucraina vanta nel paese dodicimila chiese, quella Ortodossa russa ne vanta settemila, a dimostrazione che la nuova misura promossa dal governo di Kiev non sarà proprio indolore sui fedeli oltretutto cresciuti in numero dopo lo scoppio delle ostilità. Pur d'implementare una misura tanto impopolare, Kiev poi non ha neppure esitato ad adoperare i suoi strumenti polizieschi e d'intelligence per confezionare dossier compromettenti contro vari pope della Chiesa Ortodossa russa; ma a quanto pare senza trovare grandi convinzioni su una popolazione interna ormai fortemente polarizzata su posizioni contrapposte, benché ciò non venga più di tanto raccontato sempre per “ragion politica” dai media nostrani.
Del resto, già nel 2022 il governo di Kiev aveva provveduto ad espropriare i beni della Chiesa Ortodossa russa, e così pure quelli di molti ortodossi non ritenuti sufficientemente ligi alle volontà del potere locale: l'arcivescovo Kliment aveva parlato in quell'occasione di “un attacco lobbistico”. La nazionalizzazione poteva dunque definirsi ormai un dato di fatto. E' interessante notare come, proprio per “ragion politica”, ossia per rimuovere vari scomodi articoli del recente passato, certe testate abbiano cancellato i loro articoli online: chi dovesse andarli a cercare oggi, semplicemente non li troverà; sebbene per fortuna siano pur sempre reperibili altrove, da altre fonti. Nel frattempo, da Roma sono giunte le critiche di Papa Francesco, che ha invitato il potere politico a non mettere le mani sulle Chiese, lasciando ad ognuno la libertà di pregare nella propria. Di fronte agli arbitri del potere politico e alle sue coperture da parte alleata, la massima biblica “Dare a Cesare quel che è di Cesare” pare oggi più attuale che mai, seppur troppo facilmente ed interessatamente fraintesa.