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Gli studi del Pew Research Center mettono in dubbio molti aspetti delle politiche occidentali in materia relig

2025-01-03 16:00

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Gli studi del Pew Research Center mettono in dubbio molti aspetti delle politiche occidentali in materia religiosa

Del resoconto elaborato lo scorso mese dal Pew Research Center abbiamo già diffusamente parlato nel precedente articolo, fornendo alcuni esempi a nost

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Del resoconto elaborato lo scorso mese dal Pew Research Center abbiamo già diffusamente parlato nel precedente articolo, fornendo alcuni esempi a nostro giudizio illuminanti per comprendere le dinamiche della discriminazione religiosa in numerosi paesi che vari fatti geopolitici pongono oggi sinistramente agli onori della cronaca. Quel che tuttavia non abbiamo considerato a sufficienza è come quelle statistiche non avvalorino a sufficienza quanto pure insistentemente ripetuto da molti politici ed intellettuali da sempre dediti a spalleggiare in vari modi tutti i settarismi confessionali possibili ed immaginabili. Anzi, addirittura li smentiscono fragorosamente, tanto che non ci sorprenderà più di tanto l'eventualità che li possano commentare, a seconda del loro grado di scaltrezza, ignorandoli bellamente, distorcendone il significato a loro vantaggio o ancora accusandoli di faziosità pagata col soldo di qualche governo “nemico” e a loro dire con la coscienza piuttosto sporca in materia di “libertà religiose”. Parliamo dunque dei famosi “pro-sette” o “filo-sette”, come ci piace chiamarli, che in tutti questi anni si sono sempre assai distinti nel colpire con le loro invettive dal palco o a mezzo stampa tutti quei paesi che, guarda caso, non risultavano per questa o quella ragione particolarmente graditi all'agenda politica dei loro datori di lavoro della NED (National Endowment for Democracy) e del Dipartimento di Stato per gli Affari Esteri USA, così come di tutto un vasto corollario d'ambienti politici ed istituzionali consimili sparso tra Stati Uniti, Canada, Inghilterra ed Unione Europea. 

 

Sia ben chiaro, il Pew Research Center, emanazione della Pew Charitable Trusts, non è certo un gruppo di statistici o studiosi “incendiari” ed “antisistema”, dediti al tifo oltranzista per quelle che tra le due sponde dell'Atlantico va oggi di moda appellare come “autocrazie”, siano esse la Cina o la Russia, Cuba o l'Iran. Sono accademici, politologi, ricercatori ed altri professionisti del mondo culturale americano, infarciti dalla testa ai piedi di cultura anglosassone e ben stimati per tutte le loro ricerche nei tanti uffici dove possono tranquillamente accedere, quando non vi vengono proprio espressamente invitati per contribuire col loro lavoro, a cominciare da quelli di Washington in cui il loro Istituto ha sede. Dunque il loro elaborato strettamente basato sulle statistiche, pur denunciando in certi passaggi delle parzialità date dalla difficoltà nel comprendere le complessità di altri sistemi politici, culturali e nazionali al di fuori della sfera geografica anglosassone ed occidentale, non è certo uno spot propagandistico a favore di questo o quel paese raffigurato da certa politica euro-americana come “avversario strategico” o persino come “Stato canaglia”. Di fronte alla freddezza dei numeri, per quanto poi collocati sotto letture politiche che possono pur accusare delle parzialità legate alla propria appartenenza culturale, c'è poco da ribattere; e questa può già essere una risposta certamente più che sufficiente per i tanti “filo-sette” di cui abbiamo già parlato, così come per i loro vari padrini e mecenati.

 

L'elaborato del Pew Research Center (che non a caso insieme ad altri centri studi viene sempre meno considerato e strombazzato dai vari “filo-sette” rispetto ad altri in cui magari sguazzano allegramente producendovi molte delle “fake news” che vanno poi a ripetere per i quattro angoli della Terra, nonché su una marea di giornali online sempre sotto il loro controllo o comunque vicini alle loro posizioni), si pone dunque come una sonora smentita di tutte le loro accuse e ricostruzioni tese a porre quotidianamente questo o quel paese sul banco degli imputati e a costruire alibi e false prove d'innocenza per tutte quelle sette e quei movimenti settari che al contempo tanto assiduamente spalleggiano. Nella peggiore delle ipotesi è la correzione che il professore severo fa allo scolaro che non ha studiato e mente durante l'interrogazione, rimandandolo in modo umiliante al banco; e nella migliore un episodio di “fuoco amico” in cui un istituto di prestigio, caratterizzato da una difficilmente attaccabile scuola di pensiero liberale, sovverte il lavoro di propaganda politica svolto sin qui da discutibili studiosi di libertà religiose che invece da parte sua si sarebbero speranzosamente aspettati un assist. Insomma, la classica tegola piovuta tra capo e collo e che proprio non ci voleva.

 

Abbiamo infatti già descritto a sufficienza, nell'articolo precedente, come le conclusioni fornite dal lungo elaborato del Pew Research Center finiscano magicamente per attenuare il peso del giudizio che giornalmente i vari “filo-sette” e i loro padrini politici riservano, nei loro articoli e “saggi brevi” al fulmicotone, sul conto delle cosiddette “autocrazie”, caricando invece l'accento su tutti quei paesi che costoro hanno più a cuore o dove ad un certo punto ha trionfato la “macchina della libertà” liberale e filo-occidentale. Così laddove sono giunti al potere o hanno quantomeno guadagnato una più rilevante influenza tutti quei gruppi che secondo i “filo-sette” sarebbero degli irreprensibili alfieri della cultura liberale anglosassone (come le tante sigle islamo-fondamentaliste che oggi insanguinano mezzo Medio Oriente e a cui fanno da contraltare quelle dell'estremismo nazionalista e religioso israeliano, caratterizzate dal medesimo delirio messianico; o quelle di varia natura neofascista, esoterica o satanista, dal 2014 sempre più decisive nella politica ucraina), lo stato delle “libertà religiose” anziché migliorare è addirittura precipitato, con danni sociali, culturali ed umanitari che appaiono oggi quantomai irreversibili. Immaginiamoci se gli omologhi di quegli spargitori di sangue dovessero trionfare anche negli altri paesi dove per fortuna, al momento, non hanno avuto questa possibilità: ad esempio nell'Asia Centrale, in cui il sogno panturanico di certi gruppi islamisti come il Partito Islamico del Turkestan o altre realtà politiche del Forum Uiguro si tramuterebbe ben presto, per dichiarate intenzioni dei suoi stessi promotori, nella nascita di un Califfato assolutista non poi tanto dissimile da quelli già in parte ottenuti dall'ISIS e da Boko Haram. 

 

Volendo potremmo fare un'infinità d'altri esempi (tutto il blocco euroasiatico è costellato di movimenti estremisti, afferenti a questa o quella matrice religiosa, dall'Islam al Cristianesimo, dal Buddhismo all'Induismo, per non parlar poi di quelli a matrice esclusivamente politica, che con gli altri vanno comunque strettamente a braccetto anche perché accomunati dai medesimi "sostenitori esterni", sparsi tra oltremanica ed oltreoceano), ma tutti porterebbero all'insorgere di nuovi inferni sulla Terra, più che d'ipotetiche terre promesse o società ideali. Siamo davvero sicuri che anche gli stessi “filo-sette” gradirebbero di ritrovarsi circondati da simili “paradisi in Terra”? Sotto sotto sospettiamo, o quantomeno c'auguriamo, che neanche a loro piaccia davvero un simile scenario: chissà, magari la smentita ricevuta dal Pew Research Center, se solo ci ripensassero un po', potrebbe essere anche per loro una buona notizia.

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