
Le ultime novità dal fronte ucraino, col nuovo Presidente Donald Trump che a sorpresa è andato ben oltre la semplice volontà d'avviare uno sganciamento americano dalla guerra in Ucraina, ma di chiuderla proprio il prima possibile, lasciando a piedi gli ucraini e gli europei, ha avuto delle inevitabili ricadute anche tra i tanti attivisti “pro-sette”, quell'insieme d'esperti, accademici, giornalisti, operatori umanitari, ecc, soliti fare di una presunta difesa delle “libertà religiosa” le ragioni della loro carriera e del loro successo. In nome della difesa delle “libertà religiose" costoro sono infatti soliti difendere praticamente qualunque setta religiosa o quasi, anche quelle più sconosciute ed improbabili, così da crear ragioni e pretesti per assicurare ragioni d'immunità ed inattaccabilità anche per quelle più potenti e famigerate, ovvero quelle che davvero hanno a cuore, anche perché a più titolo sostenute e foraggiate dagli apparati d'intelligence occidentali, americano ed inglese per primi.
Il movente politico e geopolitico che anima il loro lavoro, dunque, è facilmente avvertibile e spiega perché spesso costoro siano stati spesso definiti, da più parti, delle pedine sul libro paga di quegli stessi apparati. Comprensibilmente ogni guerra americana ha trovato in loro dei pronti spalleggiatori, inappuntabili nel muovere di volta in volta contro il paese preso di mira l'accusa di perseguitare questo o quel gruppo religioso. Così sette religiose delle più famigerate, nei loro scritti, sono diventate gruppi di candidi credenti ingiustamente presi di mira per motivazioni unicamente politiche da regimi descritti come barbaricamente autoritari, e del pari figure criminali datesi ad azioni eversive o terroriste sono state elevate ad eroi senza macchia e senza paura, ugualmente soggetti ad ingiuste persecuzioni da parte delle autorità locali. Era inevitabile che anche l'Ucraina non sfuggisse alle loro attenzioni, divenendo subito una delle materie che in tutti questi anni ha dato loro maggior parte del pane da mettere ogni giorno in tavola.
Abbiamo seguito, nel corso di tutti questi anni, il loro grande zelo nel sostenere le ragioni di gruppi neonazisti, spiritualisti e satanisti che, in Ucraina come in Russia, erano stati creati ad hoc dal lavoro congiunto tra i servizi d'intelligence ucraini ed occidentali, dediti il più delle volte ad azioni terroriste. Le non proprio felici sorti del conflitto, tuttavia, col tempo hanno scatenato una vera e propria “corsa alle scialuppe” anche tra quelle sette e molti loro animatori, sostenitori e frequentatori locali, che di punto in bianco si sono visti sopraffare da altri gruppi di potere interni più forti di quelli che fino ad allora ne avevano fatto ricorso garantendogli denaro e protezione. Non sarebbero neanche tutti, perché nel tempo altri casi non meno gravi si sono poi affacciati, come ad esempio il gruppo di AllatRa, sorto nel 2014 nel Donbass e nel tempo estesosi in numerosi paesi, non soltanto europei, o ancora quello dell'accademico ucraino Oleg Maltsev, ugualmente al centro di una situazione a dir poco controversa.
Nel crescendo di lotte interne negli ultimi anni scoppiate in seno ai vertici ucraini, soprattutto col non proprio gratificante andamento del conflitto con la Russia, è venuto a crearsi un autentico “tritacarne” che ha fagocitato anche tante personalità un tempo giudicate come intoccabili o quasi, come Maltsev, oppure gruppi come AllatRa, parimenti giudicati irrinunciabili. I casi più famosi giungono, seppur timidamente, anche su parte dei nostri media, quantomeno i più specializzati ed attenti ai fatti ucraini, mentre gli altri restano unicamente alla portata dell'informazione locale, e non di rado per convenienze politiche vi viene pure occultata; ragion per cui è possibile venirne a conoscenza unicamente per vie traverse. Questi episodi hanno lasciato i vari “pro-sette” sempre piuttosto incerti sul da farsi, non sapendo cioè se allinearsi con quei governi di cui pur sempre dovevano continuare a tener le difese, come ancor più dei loro datori di lavoro che così volevano anche perché per primi lo facevano, o se continuare in un qualche modo a giustificare le ragioni di quei gruppi e personalità improvvisamente caduti nella lista dei “perseguitati” e con cui, oltretutto, avevano magari pure collaborato fino a non molto tempo prima.
Fin qui, sebbene si trattasse di primi e certo non trascurabili “campanelli d'allarme”, potevamo comunque parlare d'episodi pur sempre riassorbibili, in seguito ai quali andare ancora avanti fingendo che nulla o quasi fosse cambiato rispetto a prima. E' ciò a cui, simulando la loro consueta disinvoltura, i vari “pro-sette” hanno infatti tentato di fare. Ma ora che il conflitto in Ucraina volge al termine, o così parrebbe dalle dichiarazioni piuttosto feroci dell'Amministrazione Trump per il cui ritorno oltretutto tanto avevano tifato, i “pro-sette” si vedono veramente ridotti a malpartito. Come fare ad uscire da questo grave impaccio? Il punto è che la ferita è ancora troppo fresca, e il futuro appare davvero piuttosto imperscrutabile. L'Amministrazione Trump ha, per ovvi interessi propri, avviato i primi colloqui con la controparte russa, e gli emissari di Washington e di Mosca si sono già incontrati a Riyad, dove hanno escluso la possibilità di far partecipare ai negoziati il Presidente ucraino Zelensky, del quale gradiscono una rapida fuoriuscita dal potere, e così pure gli europei, unici ancora disposti a sostenerlo e a foraggiare la guerra in Ucraina.
La coerenza vorrebbe che i “pro-sette”, dinanzi ad una simile situazione, si mettano ad appoggiare Zelensky e gli alleati europei, cosa che dopotutto finora hanno sempre fatto, con la differenza però che insieme a loro potevano anche appoggiare gli americani che con gli altri due figuravano come un tutt'uno. In nome della difesa delle “libertà”, non soltanto religiose, costoro dovrebbero continuare dunque a sostenere le ragioni della guerra, almeno finché a Kiev vi sarà una Presidenza coperta dal “loro” Zelensky, rifiutando ogni proposito di pace che non sia quella “giusta” più volte vagheggiata dal Presidente ucraino. Dovrebbero diventare, insomma, oltre che antirussi anche antiamericani, o quasi: ma come farlo, dal momento che proprio dagli Stati Uniti dipende il grosso delle loro fortune?
Per alcuni di loro sarà comunque più facile decidersi, dal momento che devono gran parte della loro carriera ad altri “mecenati”, europei ma soprattutto britannici, e almeno per il momento a Londra il governo è stabilmente orientato su una linea politica che non pare molto in sintonia con quella di Washington, quanto semmai a Bruxelles e agli altri Stati membri dell'UE. Costoro, dunque, si muoveranno come prima, senza aver problemi di “dissonanza” coi propri padroni. Ma ciò creerà anche fratture all'interno del già variegato fronte dei “pro-sette”, alimentando per un bel po' un caos che sarà un vero e proprio spettacolo. In attesa di vedere come se la sbroglieranno, giacché in quegli ambienti come avete capito l'apparenza è tutto, ci prendiamo i pop corn e ci gustiamo il resto della commedia: siamo certi che ci sarà davvero tanto da ridere.