
E' difficile poter dare un giudizio positivo della Giornata Mondiale della Falun Dafa in Italia, giacchè al contrario di quanto visto in altre parti del mondo la nota setta fondata e capeggiata da Li Hongzhi nel nostro paese continua ad accusare sempre più segni di sofferenza. Come già abbiamo raccontato in passato, da qualche tempo la costante magrezza dei risultati, le conflittualità nei rapporti personali tra le varie correnti nazionali che la animano, le non poche opacità nella gestione delle attività interne e la forte concorrenza di altri movimenti consimili hanno portato al crescente disimpegno di molti suoi membri, anche storici, e ad un'anarchia mal occultata nei suoi vertici. L'Italia non è terreno per la Falun Dafa o Falun Gong che dir si voglia, e l'incapacità d'uscire dalla micro-nicchia in cui praticamente sin dagli esordi s'è trovata a vivacchiare la sta lentamente condannando a morte. Di fatto si potrebbe dire che gli sforzi sinora condotti dai suoi esponenti più volenterosi costituiscano, né più e né meno, una forma d'accanimento terapeutico su un malato terminale e sulle cui possibilità nessuno, realisticamente, si sentirebbe più di scommettere.
Già, è proprio quel “realisticamente” a spiegare perché i suoi membri più volenterosi al contrario continuino ad infondervi i loro inutili sforzi: sono malgrado tutto convinti che lo stato del Falun Gong in Italia si possa invece invertire, dopo anni di costanti e regolari insuccessi, seguiti ad un esordio che già ai suoi tempi probabilmente non era stato proprio così convincente. Dopotutto, se poco tempo dopo la sua apparizione in Italia, negli Anni ‘90, la setta d’origine cinese, ma ormai americana a tutti gli effetti, aveva raggiunto i circa 1500 membri, negli anni a seguire il loro numero è rapidamente scemato a meno di un centinaio, dato odierno. Dinanzi ad un simile declino, descrivibile come un vero e proprio tracollo, una persona con un minimo di realismo parlerebbe di fallimento, e pure senza usare troppi eufemismi. Ma evidentemente quei membri tanto volenterosi non possiedono, com'è proprio delle persone con una psicologia per l'appunto molto “settaria”, quel grado di realismo. Così continuano ad accanirsi mossi dalla speranza di poter mantener viva o addirittura rilanciare la setta, cercando quanto più possibile d'indorare i propri insuccessi affinché almeno ai vertici di New York si possano contrabbandare per rassicuranti successi.
Già, i vertici di New York! Anche loro, ovviamente, non possiedono una buona dose di realismo, ma certamente ne hanno un po' di più di quei loro volenterosi e speranzosi segugi di casa nostra. I gravi casi giudiziari che nell'ultimo anno hanno riguardato i due “fiori all'occhiello” della setta, nonché suoi maggiori apportatori d'immagine e di guadagni economici, ovvero il quotidiano The Epoch Times e il corpo teatrale Shen Yun, presto trasformatisi anche in gravi casi mediatici, non hanno giovato alla reputazione già poco lodevole del Falun Gong, mettendo pericolosamente sotto pressione proprio quei vertici dagli Anni '90 “esiliati” nella Grande Mela. Grande è la fuga di membri e simpatizzanti anche negli Stati Uniti e in altri paesi dove solitamente la setta aveva fatto grandi numeri, ben più ingenti rispetto alla micro-nicchia italiana. Sentendo al proprio collo il fiato del declino, anche quei vertici newyorkesi da un anno a questa parte tendono a vivere piuttosto in subbuglio, consapevoli di non poter più contare su certe amicizie e protezioni politiche un tempo date per assicurate. Non a caso le leggi apparse negli Stati Uniti, a tutela degli interessi del Falun Gong, sono rimase al palo e i loro promotori, nonostante la tanta pompa, non hanno raccolto quel risultato su cui Li Hongzhi e il resto della sua “camarilla” intuibilmente puntavano assai.
Il 1 maggio, approfittando del buon tempo, a Dolo, sul Brenta, un pugno di adepti italiani aveva messo su il solito piccolo presidio, con gazebo e striscioni, dopo non essersi riuscito adeguatamente ad organizzare per tenere l'appuntamento in occasione del 25 aprile, giorno in cui il Falun Gong commemora l'inizio dei suoi problemi nell'antica madrepatria. Già questo ritardo organizzativo aveva testimoniato ben poca fiducia e volontà di quei pochi, pur sempre motivati, adepti. L'unica scusante, che quel giorno a Dolo si tenesse una fiera dedicata alle piante e ai fiori, ragion per cui quegli adepti hanno evidentemente pensato di poter intercettare un maggior numero di passanti potenzialmente interessati alle loro ragioni. Ma proprio per il fatto che costoro fossero là per vedere e comprare fiori, e non per altro, ha spiegato pure l'indifferenza che quei passanti hanno invece tributato alla loro iniziativa. Si trattava d'altronde di una frazione di quel modesto gruppetto di membri della setta soliti riunirsi per i loro esercizi a Mestre, che pertanto quel giorno hanno ripetuto il loro incontro trovandosi in un numero ancor più sparuto ed ignorato dai concittadini. In fondo, sono tutti piccole e medie cittadine, dove tutti quanti un po' ci si conosce e non ci vuole molto tempo a farsi riconoscere dagli altri per dei soggetti un po' troppo “originali” e quindi poco affidabili: i veneti badano al sodo, non amano confondersi troppo con simili stranezze settarie.
Partiti con un piede tanto sbagliato per festeggiare, oltretutto a scoppio ritardato, il 25 aprile, figurarsi come poteva andare a finire per la successiva Giornata Mondiale del Falun Gong, dove davvero la setta ha raccolto un'ancor più magra figura. Dato che in quei giorni Roma non era più di tanto praticabile, per l'euforia immediatamente posteriore al recentissimo Conclave e alla nomina del nuovo Papa, nonché per il fatto che sia pure l'Anno del Giubileo, i membri della setta hanno preferito puntare su tutt'altra meta. Dopotutto, a Roma sarebbero davvero passati inosservati, persino più del solito, senza contare poi i logici problemi logistici ed organizzativi. E così hanno scelto di convergere tutti quanti su Napoli, per assieparsi in Piazza del Plebiscito, dove quantomeno la curiosità dei turisti sarebbe stata più assicurata. Non era neppure il 13 maggio, data in cui cade la Giornata Mondiale che altro non è se non la data di nascita di Li Hongzhi, ma l'11, di domenica. In totale una quarantina di persone, compresi bambini e “rinforzi” provenienti dalla comunità cinese in Italia, quest'ultimi tra i pochi peraltro a frequentare una setta ormai tanto screditata. Vien da pensare che il numero totale degli adepti in tutta Italia, ormai, non sia di molto superiore. Ampiamente meno di un centinaio: un fallimento.