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La morte di Papa Francesco secondo gli ultraconservatori

2025-05-03 00:00

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La morte di Papa Francesco secondo gli ultraconservatori

Lo scorso 21 aprile il mondo ha ricevuto la notizia della morte di Papa Francesco, le cui condizioni di salute già da tempo apparivano quantomai fragi

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Lo scorso 21 aprile il mondo ha ricevuto la notizia della morte di Papa Francesco, le cui condizioni di salute già da tempo apparivano quantomai fragili, tali da destare certo delle intuibili preoccupazioni. Era apparso per l'Angelus, in condizioni visibilmente affaticate, il giorno prima, per gli auguri della Pasqua celebrata proprio quella domenica. Sebbene questo portale solitamente focalizzi la sua attenzione soprattutto sulle sette religiose e su alcune in particolare, più volte c'è capitato di parlare anche di Papa Francesco e della politica assunta dalla Chiesa Cattolica dinanzi alle odierne sfide date proprio dal dilagare di tali movimenti religiosi. Le sette o “nuove religioni”, come alcuni professionisti di settore preferiscono oggi chiamarle, negli ultimi anni hanno infatti sempre più impensierito la Santa Sede per la loro crescente aggressività e competizione nei confronti del mondo cattolico e delle religioni tradizionali in generale. Se in Occidente l'abbandono di molti fedeli è andato a vantaggio soprattutto di uno storico processo di laicizzazione ormai più che affermato, contro cui la Chiesa ha ormai armi piuttosto spuntate, negli altri Continenti come Asia, Africa ed America Latina diaspora del “gregge” ha invece beneficiato proprio quei nuovi movimenti religiosi, o settari che dir si voglia, e non a caso la loro crescita è spesso avvenuta con ritmi e numeri davvero impressionanti. 

 

Sono processi storici, certo, che su un'ampia scala temporale avvengono sempre nella storia dell'umanità: basti pensare all'evoluzione del paganesimo in Europa, che già in epoca ellenistica e preromana vide i culti greco-romani sempre più mischiarsi a quelli egizi o di altre regioni orientali, fino a venirne in certi casi anche ampiamente superati, fino alla successiva diffusione del Cristianesimo che a sua volta ne fece piazza pulita o quasi, mentre nel vicino Medio Oriente non diversamente avveniva con l'affermarsi dell'Islam a danno dei precedenti culti, pagani e non, dando luogo anche in quel caso ad una nuova forma d'omogeneità religiosa e culturale, e così via con tanti altri esempi consimili validi per ogni altra parte del mondo. Ora, in alcune aree del mondo è noto che i grandi monoteismi come Cristianesimo ed Islam si siano trovati spesso in parte fagocitati proprio dai nuovi culti settari, in particolare da quelli che ne costituiscono pur sempre delle “derivazioni”, ossia delle interpretazioni classificabili come eretiche od eterodosse. I vari movimenti neoprotestanti ed evangelici hanno sottratto molti fedeli alle vecchie Chiese cattolica e protestante, ma pure ortodossa, in tutto il mondo cristiano, e così pure quelli di natura wahabita e salafita hanno fatto altrettanto a danno dell'Islam tradizionale dal Medio Oriente all'Asia Centrale fino all'Africa Subsahariana o al Sud Est Asiatico. Guarda caso, sono le medesime aree dove anche il Cristianesimo s'è visto colpito, ma le percentuali davvero più gravi nel suo caso si sono registrate laddove più affermata e diffusa era la sua presenza, vale a dire nelle Americhe e nell'estremo Oriente, oltre che nell'Africa subequatoriale. 

 

L'area equatoriale e subequatoriale, quella del “Sud del Mondo”, è sempre stata la “terra promessa” da evangelizzare per il Cristianesimo e per l'Islam, ma così oggi pure è per le nuove “fedi” che mirano a presentarsi come una loro “riforma” capace di dare ai fedeli quell'attrattiva e quella motivazione che le vecchie hanno nel tempo in parte perduto. Ed è per questo che le nuove fedi, o culti settari, si presentano là mirando proprio a quel gregge ed entrando in competizione sempre più aggressiva con le vecchie identità religiose. Non diversamente d'altronde è avvenuto anche in altre aree del mondo, più settentrionali, come la Cina, l'Asia Centrale e quelle che un tempo si chiamavano come “le Russie”, ossia tutto il vecchio blocco sovietico. In quel caso a risentire della concorrenza dei nuovi movimenti religiosi, non più solo di matrice cristiana o musulmana ma anche di stampo più tipicamente orientale, sono state pure le antiche fedi e tradizioni asiatiche o locali, e la grande attenzione che negli anni abbiamo riposto a fenomeni come la Falun Dafa, la Folgore da Oriente, gli Urlatori o altri movimenti ben più che “eterodossi” ne è stata prova. Insomma, tutte le religioni e i culti tradizionali, siano di natura abramitica come l'Islam e il Cristianesimo, o di filosofia orientale, come il Buddhismo e il Taoismo, e così pure le storiche discipline meditative, ginniche e marziali come il Qi Gong, hanno in un modo o nell'altro patito l'offensiva debilitante delle cosiddette “nuove religioni”. 

 

E' intuibile che a fronte di una simile offensiva, i grandi esponenti delle religioni tradizionali abbiano sviluppato nel tempo una sempre maggior sintonia reciproca nel riconoscere quello che ormai era diventato un problema comune, e che si siano avvicinati chi con più cautela e chi con più decisione alle autorità di quei tanti paesi che da tempo mettevano in guardia proprio dalla sua crescente gravità. Papa Francesco è stato uno di questi, trovandosi attraverso i suoi rappresentanti istituzionali come il Segretario di Stato Pietro Parolin sempre più in contatto proprio con tutte quelle autorità religiose e politiche, consapevole di un problema su cui la Chiesa Cattolica non poteva più continuare ad oziare. Del resto, va pur detto che già lo stesso Benedetto XVI, suo predecessore che aveva guidato la Segreteria di Stato anche negli ultimi anni di pontificato di Giovanni Paolo II caratterizzandone le prime svolte politiche, s'era accorto di un tale problema. Per questo motivo aveva avviato delle prime misure, spesso anche piuttosto energiche, proprio a partire da quell'America Latina che negli Anni ‘70 e ’80 il suo predecessore Wojtyla aveva “penalizzato” in nome della lotta alla Teologia della Liberazione e ai movimenti progressisti. 

 

Erano gli anni della Guerra Fredda, del contenimento del Comunismo e della lotta, in America Latina, al Castrismo; le istanze riformiste della Chiesa Cattolica locale, come la Teologia della Liberazione che aveva nel Cardinal Romero uno dei suoi principali rappresentanti, venivano guardate da Washington come “cavalli di troia” del nemico sovietico. Per tale motivo Giovanni Paolo II, noto anche per la vicinanza a Solidarnosc in Polonia e ai movimenti anticomunisti nell'Europa Orientale, aveva favorito o quantomeno non ostacolato l'azione “purgante” operata dalla CIA in tutta l'America Latina, tramite la complicità delle dittature militari e fasciste coordinate col famigerato Piano Condor. Quella lotta al “pericolo castrista", tuttavia, aveva sfibrato anche la comunità cristiana, che negli Anni ‘90, a Guerra Fredda finita, s’era così ritrovata priva delle sue componenti più innovatrici e rivitalizzatrici, alla mercé dunque dei nuovi movimenti di stampo protestante ed evangelico. Quest'ultimi, a loro volta, erano favoriti attraverso canali formali ed informali sempre da quel Nord America che in precedenza aveva fatto piazza pulita delle correnti cattoliche e “socialiste”, ed agivano pertanto col preciso scopo d'espandersi a danno della vecchia Chiesa Cattolica, così da stabilirvi un utile soft power anche per il controllo politico e sociale negli anni a venire. 

 

Benedetto XVI, dunque, aveva provato ad invertire laddove possibile la situazione, tardivamente e scontrandosi con molti muri. Infine aveva capitolato, scegliendo di dimettersi. Quelle dimissioni tuttavia avevano dato luogo ad interpretazioni di stampo complottista, di cui si sarebbero poi abbondantemente nutriti i vari tradizionalisti, sedevacantisti ed ultraconservatori cattolici che, sempre interessatamente, avrebbero poi smerciato tutta una serie di “teorie politiche” di cui spesso abbiamo qui raccontato, funzionali a colpire il nuovo Pontefice. Negare dunque la sostanziale continuità tra Benedetto XVI e Francesco, come costoro hanno fatto in tutti questi dodici anni di pontificato del secondo, è il primo punto dell'azione di questa galassia ultraconservatrice e reazionaria. Uno dei motivi di questo loro zelo risiede proprio nella crescente polemica contro i movimenti settari portata avanti dalla Santa Sede da Benedetto XVI a Francesco, che per costoro appaiono invece come degli “alleati funzionali”, utili a contrastare la “deriva” che a dir loro la Chiesa Cattolica avrebbe assunto sin dal Concilio Vaticano II, che vedono come il fumo negli occhi. E non a caso uno degli argomenti di maggior scandalo, tra costoro, è stato l'accordo per la nomina dei vescovi tra Cina e Santa Sede, firmato per la prima volta nel 2018 e da lì in poi rinnovato sino ad oggi, stavolta addirittura con una durata quadriennale. 

 

L'idea, per costoro, che la Santa Sede sia “scesa a patti” col gigante cinese, per loro inviso a causa del suo governo “comunista”, la vivono come una vera e propria profanazione; anche perché sanno che prima o poi un accordo del genere, ampliandosi sempre più per il dialogo che già di per sé va a comportare, potrebbe sfociare addirittura in un riconoscimento reciproco tra le due parti. L'eventualità, pur sempre remota ma non impossibile, che lo Stato del Vaticano possa un giorno riconoscere la Repubblica Popolare Cinese, è per costoro una “pietra dello scandalo” grave quanto la coordinazione tra Santa Sede e Pechino per un maggior contrasto ai vari movimenti settari, che negli anni s'erano fin troppo ingranditi proprio attingendo nella numerosa comunità cristiana cinese. Per questi ultratradizionalisti, strenui difensori della Chiesa Cattolica “originale”, le sette sono dunque paradossalmente il miglior alleato anziché il peggior nemico: come tali da difendere, e non da avversare. Non meraviglia quindi che la notizia della morte di Papa Francesco l'abbiano persino accolta con un certo sollievo, se non addirittura dandosi al tripudio, comportamento non proprio consono ad un “buon cristiano”. Hanno celebrato quella che per loro è stata la morte di un “nemico”, non sottraendosi neppure a riciclare certi pettegolezzi od episodi a loro dire infamanti della sua memoria: lo sciacallaggio. 

 

Che altro dire? "Dalla setta degli ultratradizionalisti è tutto, linea allo studio!".

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