Nel 2000 a New York John Tang, un cittadino americano appartenente alla comunità cinese locale, noto praticante del Falun Gong, insieme ad altri membri della setta fondò il giornale Epoch Times, con l’obiettivo di fornire al guru Li Hongzhi un potente braccio mediatico in grado di coprire i lettori di molti paesi grazie alle sue edizioni in più lingue. Il denaro, fornito dalla setta, non mancava, ed era più che sufficiente a dare al nuovo giornale tutto ciò che serviva per affermarsi nel competitivo panorama dei media statunitensi ed occidentali. Fin da subito si presentò come un giornale particolarmente focalizzato sulla Cina e sui diritti umani, con posizioni nettamente anticomuniste, e anche queste caratteristiche non tardarono a renderlo popolare presso gli ambienti politici americani e talvolta addirittura europei, sia progressisti che conservatori. La sinofobia di fondo che caratterizza entrambi, dopotutto, era un buon veicolo per dare a questo giornale una platea che andava ben al di là dei soli seguaci del Falun Gong, che in ogni caso erano impegnatissimi nel promuoverlo e nel diffonderlo.
Chiaramente viene distributo, soprattutto negli Stati Uniti, fra i membri delle varie comunità cinesi, ma i riconoscimenti ottenuti dalle autorità occidentali gli hanno consentito di guadagnare popolarità anche al di fuori di esse. Tale espansione è poi correlata anche alla preoccupante diffusione che il Falun Gong ha conosciuto pure tra molti cittadini occidentali. In versione cartacea è disponibile infatti in undici diverse lingue, a cominciare dal cinese e dall’inglese, mentre in versione online le lingue con cui viene pubblicato sono addirittura ventuno. La copertura totale, quindi, ammonta a ben trentacinque paesi.
Già nel 2003, a tre anni soltanto dalla sua nascita, il gruppo di Epoch Times controllava numerose edizioni locali e testate minori, dagli USA al Canada, dall’Australia alla Nuova Zelanda, dal Giappone all’Indonesia, fino ai principali paesi dell’Europa Occidentale non senza trascurare anche qualche significativa propaggine pure in quella Orientale.
Nel 2012 risultava che in tutti e cinque i continenti fossero disponibili non meno di 67 edizioni di Epoch Times, con una distribuzione ammontante a 1.315.000 copie ed una copertura di trentacinque paesi. La crescita era dunque stata impressionante, grazie al supporto finanziario garantito da Li Hongzhi e dalla setta, ma anche a quello politico di numerosi gruppi interni alle varie classi dirigenti occidentali e non. Solo in Cina, dato che il Falun Gong era bandito per le note azioni terroriste e sanguinarie che abbiamo raccontato in numerosi altri articoli, anche Epoch Times non poteva e non può tuttora essere distribuito, tant’è che pure diversi tentativi del giornale d’infiltrarsi nel paese sono stati bloccati. Vi sono state azioni volte a violare la rete oppure a creare delle redazioni clandestine, ma in entrambi i casi le autorità cinesi hanno reagito con efficacia.
Abbiamo pertanto l’edizione in inglese, di fatto internazionale, nata nel 2003; quella in cinese, la prima, esistente fin dal 2000; e poi quelle nate negli anni seguenti, in ebraico, russo, ucraino, bulgaro, persiano, turco, portoghese, spagnolo, ceco, slovacco, tedesco, francese... Nel 2012, infine, arrivata anche quella in italiano. Va notato come tutte queste edizioni, sia cartacee che online, vengano lette anche al di fuori dei loro paesi, perché per esempio lingue come il portoghese o lo spagnolo sono anch’esse internazionali quanto l’inglese, se non di più, e lo stesso si può dire per il francese oppure per il russo ed il persiano, che sono conosciute in quasi tutta l’area ex sovietica. Non mancano, ma solo per l’online oppure con edizioni cartacee ad uscita meno frequente, anche edizioni in romeno, vietnamita, svedese, indonesiano, coreano e giapponese.
L’edizione cartacea di New York, ovvero l’edizione "ammiraglia" del giornale, ammonta nella versione in inglese a non meno di cinquanta pagine e viene distribuita ovunque, anche con distributori automatici collocati in ogni punto della città, dalle fermate della metropolitana ai negozi, e così via. Quella in cinese spesso arriva addirittura ad ottanta pagine. Al loro interno ci sono rubriche di tutti i tipi, in modo da attirare qualsiasi genere di lettore: si va dalla cucina alle automobili, passando anche per la cronaca e il gossip. Così, chi compra il giornale perché magari è interessato ad un singolo argomento, in buona fede si ritrova coinvolto nella lettura di uno strumento "didattico" che mira ad avvicinarlo alla setta del Falun Gong. Esattamente come il circo teatrale Shen Yun, infatti, anche in questo caso il cliente viene ingannato con una serie di opinioni ed articoli capziosi e tendenziosi che hanno come obiettivo la delegittimazione del governo cinese e la promozione del Falun Gong e del suo guru Li Hongzhi.
Due sono in particolare gli argomenti, fra i tanti a cui è solito ricorrere, che Epoch Times utilizza per sensibilizzare il pubblico occidentale ed americano in primo luogo, e portarlo dalla propria parte, schierandolo quindi contro la Cina: la leggenda dei prelievi di organi dai prigionieri politici, meglio ancora se membri del Falun Gong, che sarebbero spietatamente voluti dalle autorità cinesi, e la strategia sotterranea di Pechino di piazzare dei suoi uomini nella struttura di potere economico, politico e militare degli Stati Uniti, in modo da prenderne il controllo dall’interno. Ovviamente tali cose, del tutto destituite di ogni fondamento, riescono a far facilmente presa su un pubblico impreparato e che già in precedenza ha acquisito posizioni o sentimenti sinofobi a causa del lavoro generale dei mass media e della classe politica. Lavorando quindi su queste emozioni, Epoch Times e il Falun Gong strumentalizzano subdolamente l’opinione pubblica occidentale e statunitense in primo luogo.
Ben presto numerosi media americani hanno tuttavia scoperto che Epoch Times di bugie o di "fake news" come va oggi di moda chiamarle ne aveva raccontate parecchie, e che continuava a farlo in modo sempre più massiccio. Per esempio il San Francisco Chronicle smascherò il legame, che i vertici del giornale negavano, fra Epoch Times e il Falun Gong, oltre a numerosi fatti di cronaca inventati di sana pianta, e quindi mai realmente verificatisi, relativi per esempio alla visita di Hu Jintao nel 2010 a Toronto o all’epidemia di SARS. Addirittura si è notato il forte sostegno dell’edizione tedesca di Epoch Times con l’estrema destra locale, ma in generale qualsiasi movimento con connotazioni sinofobe tende ad essere sempre ben visto dalla testata del Falun Gong, in ogni paese.
Tuttavia, solo fra il 2012 e il 2013, le autorità e le associazioni giornalistiche statunitensi e canadesi hanno insignito Epoch Times di numerosi ed importanti riconoscimenti professionali, dal "Queen Elizabeth II Diamond Jubilee Medal" al "New York Press Association Award". Il consenso e le simpatie politiche e culturali per il Falun Gong e per la sua attività giornalistica, quindi, sono costanti e ben radicate nel mondo occidentale. Epoch Times viene in praticata presentato da tutti come "stampa libera" e persino coraggiosa solo perché fa propaganda contro un paese, la Cina, che tanto per gli ambienti conservatori quanto per quelli progressisti di buona parte dell’Occidente viene identificato come un avversario economico e strategico. Anche per questa ragione, negli Stati Uniti l’arrivo di Trump non ha certo comportato grandi cambiamenti rispetto alla linea che veniva portata avanti da Obama nei confronti della Cina, e i dazi pure lo stanno a dimostrare. Anzi, come trionfalmente riportato in un proprio articolo da Epoch Times, Trump ha definito questa testata come "la più credibile" fra quelle in circolazione negli Stati Uniti. In un simile clima di competizione e contenimento della Cina, portato avanti dall’Occidente e soprattutto dalla sua nazione leader, gli USA, Epoch Times fa quindi decisamente comodo, e nessuno si sognerebbe di contestarlo, e men che meno di contestare il Falun Gong che lo controlla e da cui trae origine.