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Taiwan: c'è chi vuol farne un "porto franco" per sette e relativi sostenitori

2023-06-03 17:00

OS

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Taiwan: c'è chi vuol farne un "porto franco" per sette e relativi sostenitori

Negli ultimi anni in vari paesi si sono sempre più intensificati i procedimenti giudiziari nei confronti di varie sette religiose, a seguito di gravi

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Negli ultimi anni in vari paesi si sono sempre più intensificati i procedimenti giudiziari nei confronti di varie sette religiose, a seguito di gravi abusi che avevano visto il coinvolgimento di loro leader e seguaci. Il caso più rinomato, almeno tra gli italiani, è probabilmente quello della Chiesa dell'Unificazione, fondata nel 1954 in Corea del Sud dal Reverendo Moon, che nel 2001 officiò le nozze tra la sua adepta Maria Sung e l'Arcivescovo cattolico Emmanuel Milingo. A seguito dell'assassinio dell'ex premier nipponico Shinzo Abe, che ha visto il coinvolgimento di un adepto della setta, in Giappone l'azione delle forze inquirenti verso la branca locale della Chiesa dell'Unificazione ha cominciato a farsi tale da indurre molti suoi membri e figure di vertice a guardare all'estero, in cerca di più sicuri ripari. 

 

Sebbene la Chiesa dell'Unificazione sia presente con proprie sedi riconosciute in molti paesi, Italia compresa, è stata comunque Taiwan ad attirare le principali attenzioni. Nulla avrebbe vietato, ad una setta tanto potente, con immense ramificazioni economiche non soltanto in Asia ma anche in Occidente, di puntare soprattutto sugli Stati Uniti o sulla natia Corea del Sud: dopotutto il suo fondatore, scomparso nel 2012, aveva messo in piedi un immenso impero mediatico con testate sparse in tutto il mondo, come l'influente Washington Times. Ed infatti la campagna di vittimizzazione, a partire proprio da queste testate, non è mancata, dagli USA alla Corea della Sud, dall'America Latina al Medio Oriente; ma ad ogni modo è stata Taiwan a presentarsi, anche per via di una precisa politica da tempo condotta dalle sue autorità, come meta ideale per darsi alle più manifeste forme di vittimismo, cavalcando l'onda della libertà religiosa stavolta calpestata dai giapponesi.

 

Da anni, nella capitale Taipei, si tengono infatti vari convegni e seminari sul rispetto della libertà religiosa con l'intervento di esperti di settore e figure politiche provenienti da tutto il mondo, puntualmente a braccetto con esponenti delle sette più disparate. Così, in nome dei diritti umani e della libertà di culto s'è venuto a creare un vero e proprio “business politico” a quanto pare piuttosto redditizio tanto per i suoi promotori quanto per i suoi partecipanti. Basti vedere quante sette vi partecipano: si va dalla statunitense Chiesa della Provvidenza alla messicana Luz del Mundo, dalla Scuola di Yoga di Buenos Aires fino appunto alla Chiesa dell'Unificazione (Unification Church).

 

Considerando l'attuale status di Taiwan, giuridicamente non riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale e non presente all'ONU in base alla Risoluzione 2758 del 1971 sottoscritta anche dagli USA e dai paesi europei, evidentemente tanto a Washington quanto a Seul hanno ritenuto che Taipei potesse essere un ottimo “parcheggio” (e per certi aspetti, persino un utile “rifugio peccatorum”) per condurre certe campagne politiche e mediatiche che in casa propria sarebbero state piuttosto imbarazzanti. Così si evitano possibili incomprensioni diplomatiche con Tokyo, alleato chiave per entrambe, ma col quale USA e Corea del Sud giocano pur sempre differenti partite: imprescindibile per Washington in funzione anticinese, da non infastidire troppo per Seul a causa del suo non troppo recondito desiderio di riarmo (invece ben più gradito da Washington). 

 

Insomma, un “campo neutro”, dove non soltanto spostare i problemi tra alleati ma anche sviluppare e collaudare una politica specializzata nella difesa ad oltranza di ogni setta eventualmente “utile alla causa” (quando anticinese, quando antirussa, quando chissà cos'altro ancora) come se si trattasse di una sorta di “porto franco”. Dopotutto, la Chiesa dell'Unificazione è in lotta aperta anche con le autorità di Mosca e di Pechino, ricevendo in questo un forte sostegno da USA e relativi alleati per la sua “crociata per la libertà”, e lo stesso si può dire anche per tanti altri gruppi dei più disparati, dal World Uyghur Congress a Scientology, passando per evangelici e spirituali in salsa New Age. 

 

Ciò mette in luce anche la seconda valenza che al momento Taiwan riveste agli occhi di Washington: ospitarvi gruppi settari anticinesi e relative iniziative in tema significa pur sempre dotarsi di un nuovo elemento con cui ulteriormente innalzare la tensione con Pechino, già in forte crescita per molte altre ragioni (dalla stessa Taiwan all'AUKUS fino alla guerra in Ucraina, e così via). Pechino non tarderà a rinfacciare agli USA questa politica ostile nei suoi confronti, condotta grazie all'uso abusivo e strumentale di un territorio, Taiwan, che per il diritto internazionale sottoscritto anche dalla stessa Washington è una provincia cinese che deve tornare alla sovranità della madrepatria: indubbiamente, una situazione giuridicamente paradossale, che evidentemente per gli USA è comunque funzionale ad alimentare la divisione tra le due sponde dello Stretto di Formosa e ad alimentare tensione ed incertezza nella regione. 

 

 

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