Negli ultimi anni le tematiche relative al mondo LGBT, poi evolutosi in LGBTQ+ per intendere altre categorie affermatesi o identificate nel frattempo, hanno cominciato a guadagnarsi sempre più attenzione presso l'opinione pubblica, parallelamente anche all'affermazione dei vari movimenti che si riuniscono all'interno di questa vasta galassia. Venendo così sempre più meno i vari tabù, l'ampio mondo LGBTQI+ (che intende lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessessuali più tutta un'altra lunga serie di categorie ritenute a torto o a ragione minori per numeri) ha cominciato a trovare nuove possibilità per rivendicare i propri spazi nel mondo politico e mediatico, dai partiti alle associazioni fino alla TV, senza in ogni caso dimenticare un maggior spazio anche nella vita pubblica e sociale di tutti i giorni.
Questo, d'altro canto, rientra assolutamente nell'ambito di una società progredita, progressista e basata sul rispetto e l'applicazione dei diritti, oltre che dei doveri (dato che ogni altro cittadino ha pur sempre il dovere di accettare l'altro e di condividere il suo diritto, tra le tante cose, anche ad una piena realizzione di sé, non ultimo nella propria identità; e ciò, del resto, deve sempre avvenire in un clima di piena e rispettata reciprocità).
Tuttavia, per una serie di ragioni (la reazione al fatto di aver vissuto decenni di repressione e negazione, la sensibilità verso forme di discriminazioni che appaiono ancora latenti ovvero "interiorizzate" sia fra le persone eterosessuali più aperte e disponibili sia addirittura fra molti stessi LGBT, ecc), spesso l'atteggiamento di molte persone appartenenti al vasto mondo LGBTQI+ è parso a molti come "ingiustamente" aggressivo nei loro confronti. Del resto, questo è un atteggiamento che è stato criticato anche in altre categorie analogamente in guerre con le vecchie consuetudini sociali con cui sinora si sono dovute contrarie: molti di noi ricorderanno il movimento femminista negli Anni '70, che peraltro sempre in questi ultimi anni, parallelamente a quello LGBTQI+, ha conosciuto un forte ritorno di attualità.
In entrambi i casi il "patriarcato" inteso come machismo e maschilismo visti non solo come semplici atteggiamenti culturali e psicologici ma come vere e proprie "istituzioni sociali", la figura altrettanto "istituzionalizzata" del marito o del padre "padroni", e la gerarchia dell'uomo sulla donna, sono considerati tanto dal movimento LGBTQI+ quanto da quello femminista come il "peccato originale" alla base di tutte le discriminazioni che hanno subito per la loro identità sessuale o di genere o anche soltanto per il loro sesso di nascita e nel quale peraltro felicemente si riconoscono.
Le riflessioni sociali e culturali in materia si sprecano e sono spesso ben più che condivisibili. Tuttavia, vi sarà sempre spazio per altre di nuove e, nella grande quantità che ne nasce ogni giorno, anche per strumentalizzazioni che su tali tematiche sono magari molto meno desiderabili od opportune. La politicizzazione di questi movimenti, in un senso o nell'altro, è un fatto ormai storico e consolidato, dovuto anche alla pregressa e motivata ostilità verso la cultura tradizionale, che per molte persone LGBTQI+ e/o di sesso femminile ha significato molto spesso emarginazione e discriminazioni gratuite. In tal senso, la polemica manifestata sin da subito da questi movimenti verso la Chiesa e la religione, e verso tutte quelle istituzioni che rappresentavano il maschilismo, l'autoritarismo e il conservatorismo non poteva che essere facilmente prevedibile e persino comprensibile, ed infatti si è prontamente manifestata fin dal primo giorno.
Bisogna dire che la radice politica e culturale di questi movimenti, LGBTQI+ e femminista, risiede soprattutto nel clima che diede vita al 1968 e agli anni successivi, una stagione di aperta ribellione e reazione al tradizionalismo che aveva dominato fino a quel momento in tutti i settori della società occidentale. Il mondo anglosassone, ovvero in modo diverso ma pur sempre appaiato gli Stati Uniti e l'Inghilterra, fu il capofila di questo nuovo vento politicamente, culturalmente e ideologicamente basato su quello che in seguito si sarebbe definito con definizioni come "neoliberalismo": vale a dire, qualcosa di nettamente diverso dal liberalismo politico ed economico esistiti fino a quel momento, ed incentrato soprattutto sul neoliberismo economico e sui diritti civili prima di quelli sociali e collettivi, ovvero proprio in loro sostituzione. Era quindi una "rivoluzione" che puntava sui concetti dell'individualismo e della netta affermazione dell'individuo sulla società e sulla comunità, all'insegna del concetto del "possibile" ben espresso anche da una canzone di John Lennon.
Questa "rivoluzione" liberale, liberista e libertaria, in sostanza, ha accresciuto e cementato i legami fra la cultura europeo-continentale e quella anglosassone, iniziando sempre più a ridurre in senso politico, economico, sociale e culturale le distanze fra le due sponde della Manica e dell'Atlantico. E non è dunque un caso che tuttora, oggi, i movimenti LGBTQI+ e femminista abbiano nell'Inghilterra ma soprattutto negli Stati Uniti il loro centro di massima identificazione, a cui guardare e da cui dipende in essenza la propria matrice culturale e politica di stampo neoliberale. Un fenomeno che, curiosamente, riguarda indirettamente anche quelle stesse frazioni di questi movimenti che ancora si identificano con una base invece di stampo più socialista e marxista che liberale.
Questo, nella corrente situazione geopolitica mondiale, porta a delle novità che difficilmente possono passare inosservate: si potrebbe dire, ad un insieme di veri e propri "scontri di civiltà", sia da un punto di vista politico che religioso, e non solo. E non si tratta solo di scontri col mondo musulmano, e con parti di esso a beneficio di altre, ma anche contro veri e propri soggetti politici di media o grande portata, indipendentemente che si tratti di singole nazioni europee, latinoamericane, mediorientali o euroasiatiche che dir si voglia, a seconda del caso. Tutti sulle prime siamo portati a pensare ai Talebani, all'Iran, alla Polonia e all'Ungheria, oppure alla Russia, ma a guardar bene è solo una parte del tutto.
Ma, per non dilungarci troppo, continueremo la prossima disamina nella seconda puntata.