E' da tempo che seguiamo le azioni del Falun Gong e, come spesso abbiamo raccontato in questo portale, dopo un periodo di complessivo declino in cui la setta di origini cinesi almeno in Italia sembrava essersi ripiegata su se stessa, ora pare invece che si stia assistendo ad una certa inversione di tendenza. La leadership della setta, situata negli Stati Uniti e con una forte rappresentanza in Europa settentrionale, ha dunque ora deciso di procedere alla controffensiva per riprendersi il terreno perduto nelle nazioni dell'Europa mediterranea come, prima fra tutte, l'Italia.
Numerose sono del resto le ragioni che inducono ad un simile investimento: innanzitutto, una platea potenzialmente molto vasta, come testimoniato anche dal fatto che sono sempre di più gli italiani che ogni giorno aderiscono a sette o già esistenti da tempo o di recente fondazione, a carattere New Age o comunque ispirate a "misture" di culture religiose e spirituali "orientaleggianti"; la possibilità di poter operare in simbiosi con un mondo politico ed associazionistico di per sé piuttosto ricettivo su tematiche ideologiche in odor di sinofobia o comunque funzionali alle nuove linee guida "atlantiste" che, secondo Washington, vedono in Pechino il nuovo e principale "nemico da combattere" tanto per gli Stati Uniti quanto per l'Europa; infine le sostanziose opportunità economiche legate all'accoglienza di rifugiati ed immigrati per persecuzioni politiche e religiose, o sedicenti tali, su cui la politica dell'Unione Europea per prima spinge affinché il governo italiano si omologhi a quelli di altri paesi europei già molto "ospitali" in tal senso. La setta, insomma, sa che i soldi che investirà per riprendersi la scena in Italia saranno ben presto recuperati, e con gli interessi.
Ecco perché non deve sorprenderci che persino giornali online molto seguiti nel nostro paese, e soprattutto con una forte ricaduta nell'ambito dei social media, comincino ora a pubblicare articoli in favore del Falun Gong, cosa che in precedenza ben di rado facevano: è il caso, per esempio, della popolare testata "Il Sussidiario". Il titolo ed il contenuto dell'articolo, del resto, non sono di per sé particolarmente convincenti, se non per qualcuno che già non condivida per conto proprio gli orientamenti della setta o che comunque abbia sviluppato una forte "ideologizzazione" di stampo anticinese: in sostanza, è quanto solitamente ritroviamo, pari pari, proprio nei media ufficiali del Falun Gong come "The Epoch Times" o "Vision Times", oppure nel canale video "New Tang Dynasty". O ancora Minghui.org, che infatti è proprio la fonte da cui il grosso delle informazioni riportate sono state tratte. Perché, come sappiamo e come più volte abbiamo detto, il Falun Gong in tutti questi anni di testate ne ha tirate su parecchie, grazie alla sua influenza politica ed economica, e diversamente dal caso italiano all'estero sono pure assai seguite.
Siamo dunque di fronte ad informazioni quantomeno opinabili, ma desta comunque una certa perplessità che trovino spazio anche su testate italiane che rispetto a molte altre vantano anche un maggior seguito in fatto di lettori e di relativa diffusione nei social, dove i loro articoli vengono quindi più facilmente e diffusamente condivise. Anche se, a ben pensarci, un motivo per cui trovino spazio alla fin fine c'è. Proprio perché rispetto ai media espressione della setta come "Epoch Times" o "Minghui" un giornale italiano online di media od alta levatura ha sempre e comunque molto più seguito, vi sono delle buone ragioni per poter prevedere che un articolo a difesa del Falun Gong vi possa trovare una maggior platea di lettori. E quindi anche molte più persone che magari, anche solo avendolo letto distrattamente e senza quindi esser scese troppo nello specifico, lo facciano intanto "girare" nei social anche soltanto pubblicandolo nella loro bacheca di Facebook o di Twitter. Sono cose che, nell'era di internet e dei social media, fanno pur sempre la differenza.
Un giornale online, soprattutto se di stampo generalista, in fondo ha piacere a poter pubblicare un buon numero di articoli nel corso della settimana, e sugli argomenti più vari, con l'auspicio di poter così coprire i gusti di un pubblico che sia il più vasto possibile. In questo, di per sé, non vi è affatto niente di male, anche perché asseconda pienamente il diritto di stampa e di espressione dichiarato dalla nostra Costituzione. Ma proprio per questo motivo, come vi può essere qualcuno che scrive un articolo a difesa del Falun Gong su un prodotto editoriale vero e proprio, vi può essere a questo punto anche il diritto dei lettori (ad esempio noi) di poter esprimere una propria replica, bene o male argomentata che sia.